L’articolo, piuttosto significativo, pubblicato in ottobre e scritto da Paola Peretti, riporta una visione interessante e in linea anche con le nostre visioni.
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I Social Media e l’Internazionalizzazione dell’Impresa
La presentazione indirizza gli studenti nelle motivazioni che devono guidare l’impresa verso l’utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione globali. La condivisione del sapere è alla base del successo comunicativo d’impresa e oggi ogni consumatore è produttore anche di contenuti, ovvero è un Prosumer.
L’era della globalizzazione comunicazionale rimette al centro dell’attenzione l’uomo e la sua capacità di esprimersi e confrontarsi con il prossimo. Siamo ritornati ad essere soggetti attivi nel processo comunicazionale su Internet e non più target.
Macy’s: al via la prima fase dell’operazione Millennials
Macy’s l’aveva annunciato nel marzo scorso: nei prossimi tre anni la catena cambierà pelle, per avvicinarsi in maniera progressiva al popolo dei Millennials, fetta di consumatori con un’età compresa fra i 13 e i 30 anni. Ora il via alla prima tappa, con l’inserimento di 13 nuove label.
Come riporta wwd.com e Fashionmagazine.it, tra questo autunno e la prossima primavera il retailer americano passerà dalle parole ai fatti e metterà in atto una serie di strategie per attirare nei propri negozi una fascia di utenti non solo numericamente forte – circa 70 milioni negli Usa – ma anche particolarmente sensibile alla moda, con una capacità di spesa stimata intorno ai 65 miliardi di dollari per articoli in linea con il pricing di Macy’s.
Il prodotto costituisce il primo asset di sviluppo per far breccia nella Generazione Y, secondo il department store, che ha affrontato questa sfida in maniera scientifica, individuando i nuovi brand da inserire attraverso diversi focus group. Risultato: 13 new entry adatte alle due categorie di clienti elaborate dal retailer – i Mstylelab shopper, dai 13 ai 22 anni, e gli Impulse, dai 19 ai 30 – e nuova linfa a una decina di marchi già esistenti, dal concept considerato in sintonia con i Millennials.
Littizzetto e le donne della Coop non sono in sintonia…
Di solito evitiamo di postare articoli di giornali che hanno un tono politico, ma questa volta non possiamo resistere…
Il quotidiano Libero, come altre testate, pubblica un articolo che denuncia la distonia tra quanto la pubblicità presenta sul video e la realtà delle donne che lavorano in Coop. Non ce la prendiamo con nessuno, ma è solo una nota che, ancora una volta, mette in luce quanto la percezione nel marketing corrisponda a realtà, fino a quando però, la realtà non viene messa a nudo…
Littizzetto, le lavoratrici Coop le scrivono: “Descrivi un’impresa felice, gira un spot per la dignità del lavoro”
Contratti precari, dirigenza di soli uomini, minaccia costante di licenziamento: è questo lo scenario rappresentato dalle impiegate. “Luciana, gira con noi una pubblicità sulla dignità del lavoro” è la richiesta
San Benedetto e la nuova linea Kids
Bene! Siamo contenti! Però attenzione alla lettura delle etichette e del loro contenuto: infatti, come riportato dal sito cadoinpiendi.it, Il Fatto Alimentare sottolinea: “si nota la scarsa presenza degli ingredienti più pregiati come la camomilla – 0,2% di estratto – e i succhi di frutta – 0,1% di succo concentrato – per quanto riguarda i Baby drinks (il succo al gusto mandarancio non contiene succo vero, ma aromi e una minima percentuale di succo di arancia).”
Il consumatore vuole prodotti nuovi e il segmento bimbo è interessante però occhio…
Ottimizzazione sui motori di ricerca: Google e le leggi del Seo mobile
Durante la SMX di Seattle Pierre Far, Google Webmaster Trends Analyst, aveva annunciato a gran voce le linee guida che BigG consiglia a tutti i siti mobile che vogliono investire nell’ottimizzazione sui motori di ricerca.
Ecco l’articolo completo pubblicato da The Biz Loft.
Meglio una “spesa leggera”, o una etichetta trasparente?
I nostri Clienti investono ingenti cifre per garantire il consumatore con etichette esaustive e trasparenti che aiutano il consumatore a capire cosa sta comprando e se la sua alimentazione è tutelata. Leggere le etichette è un diritto per il consumatore e non più un dovere. Dall’altra parte nascono fenomeni di vendita “alla spina” o di prodotti “sfusi” dove però sembra perdersi il diritto del consumatore ad essere tutelato in termini di informazione su cosa sta acquistando. Partiamo dal presupposto che, ad esempio, il franchising “Negozio Leggero” tuteli i diritti del consumatore e anzi, faccia anche di più, tuteli l’ambiente con un enorme abbattimento dei costi per imballi, etichette e trasporti: infatti la consegna, almeno a Torino, è fatta in bicicletta! Repubblica dedica un interessante articolo che alleghiamo. Vorremmo però l’opinione di chi legge…
Pinterest si o Pinterest no?
Ormai sono sempre di più coloro che mi chiedono cosa penso di Pinterest e, forse peggio, se riassumo in poche righe a cosa serve Pinterest. A queste domande mi sento di aggiungere che sarebbe opportuno sapere dove sta il guadagno di Pinterest.
Sicuramente è una bella vetrina di immagini e intriga il fatto che tu possa pubblicare sul tuo profilo Facebook una foto fatta pubblicata su Pinterest e che tu possa twittare il mondo informando del grande evento. Già… Un grande evento? Alla fine si tratta solo di un’immagine che racchiude significatività più per chi la pubblica che per chi la vede. Di certo è simpatico che, cercando soluzioni di arredamento per il bagno, tu trovi su Pinterest una foto di un lavabo sorretto da una bicicletta e che questa botta di creatività ti stimoli. Poi ci pensi un attimo e anche a te verrebbero tante idee simili ed ecco dunque che capisci cos’è Pinterest.
Pinterest è il modo migliore per condividere immagini, di solito scatti fotografici, che inseriti in un certo contesto o tema possono unire persone che (forse) non si sarebbero mai incontrate e non avrebbero mai saputo di condividere lo stesso gusto. Pinterest server dunque a condividere gusti più che notizie sulla porta accanto nello stile Facebook.
Ma il succo di Pinterest sta in pochi elementi straordinari:
1. L’affinità. Immaginate quanto sarebbe utile per un marketer poter fruire dell’analisi delle affinità che portano persone di segmenti diversi a “pinnare” la stessa immagine e quindi condividerla con altri. Si potrebbero dunque creare nuovi cluster di consumatori sulla base delle loro affinità e quindi nella strategia di identificazione di nuovi bisogni da soddisfare, adattare prodotti esistenti o crearne di nuovi.
2. L’organizzazione dei contenuti. Pinterest permette di organizzare i contenuti secondo logiche di categorie che sono assolutamente avulse dal processo di acquisto che, invece, è il percorso che normalmente seguono i marketer per identificare core e reason why nell’analisi di posizionamento e innovazione di prodotto. Con Pinterest i contenuti sono organizzati in base alle intenzioni di consumo o utilizzo di un dato bene. Ecco dunque che solo in questo contesto trova posto l’immagine della bicicletta che sorregge un lavabo.
Come chiederebbero in America: “Where’s the money?” È presto detto! È solo questione che i signori di Pinterest si decidano a spostare la piattaforma da un gioco elegante di immagini e lavagne di fotografie a un’officina di analisi e clusterizzazione che i migliori marketer non esiterebbero ad acquistare.
Penso dunque che Pinterest sia un neonato che piange poco e che potrà imparare a camminare, leggere e scrivere in ben poco tempo. Quindi fatevi un giro su Pinterest!
Il logo di Pinterest è tratto da commons.wikimedia.org
Non ci resta che il mercatino?..
Fa riflettere la tendenza allo scambio di beni più o meno usati (o nuovi) in piccoli mercati dove le bancarelle sostituiscono il negozio specializzato. I dati di mercato (Osservatorio Nazionale del Commercio) indicano che 27 saracinesche al giorno si abbassano in Italia e non si rialzano il giorno successivo. Qui la strategia conta poco. LA visone conta meno. LA realtà nuda e cruda è che il denaro a disposizione è sempre meno e nuovi costi che si sono aggiunti nelle famiglie (telefonia mobile in testa, TV a pagamento, connessione a Internet, eccetera) hanno ridotto il sempre più esiguo potere di acquisto delle famiglie. Si punta quindi al risparmio in tutto ciò che, per definizione, rappresenta il consumismo come lo conosciamo da quando, nel 1956 a Roma, aveva aperto il primo supermercato.
L’articolo pubblicato da l’Espresso racconta.
Anche i buoni pasto diventano wireless…
Finalmente! In EDEMPG spingiamo molto verso soluzioni wireless basate su smartphone e in giro sono sempre più le applicazioni che permettono ai detentori di smartphone di beneficiare di comode soluzioni per effettuare transazioni. Certo è che non bisogna trascurare come la privacy sia sempre più debole e il cittadino sia sempre più in balia di controlli incrociati che, alle volte, possono anche superare la soglia dell’accettabilità.
ADNKronos pubblica sul suo portale questa intervista che presenta l’opportunità del buono pasto wireless. Voi siete d’accordo?
Se dobbiamo creare posti di lavoro cambiamo (almeno) il packaging!

Dopo 10 anni trascorsi negli Stati Uniti e avere visto come gradualmente il food realmente made in Italy sia stato relegato e trattato come un “alien non-resident”, leggo con piacere l’articolo di Claudia Neri de Il Corriere della Sera.








