INFLUENCER: LAVORO DA SOGNO?

Favij, Luis Sal, Chiara Ferragni, Clio Makeup, Humansafari…sono solo alcuni nomi dei numerosi “influencer” che ormai popolano il web e i social network. 

Ma cosa significa esattamente essere un influencer?

La parola è già di per sé significativa e potrebbe essere tradotta con il termine “influenzatore”. È infatti qualcuno le cui parole hanno un certo peso, una certa influenza, sulle persone (e sul mercato). Parole, ma anche post, storie, dirette: come ben sappiamo, oggi i social media assorbono la maggior parte della nostra quotidianità. Ed è proprio grazie a piattaforme come Instagram (instagramer), YouTube (youtubers e vloggers), Twitter e Facebook, ma anche attraverso blog personali, che gli influencer riescono a farsi conoscere e a raggiungere un pubblico anche molto vasto.

Possiamo quindi definire influencer un soggetto che:

  1. produce contenuti riguardanti un argomento specifico,
  2. è dotato di grande seguito,
  3. è capace di influenzare le opinioni degli altri e creare intorno a sé una comunità di persone attive che lo segua quotidianamente.

Ogni ambito ha il suo influencer

In realtà, sotto la parola influencer si trovano diverse sottocategorie, che vanno dal fashion al tech, dal travel al beauty, fino ad arrivare al fitness e al food. 

I food influencer, in particolare, oggi stanno avendo sempre più seguito, anche grazie al proliferarsi della food photography nel mondo social. Tuttavia, i primi blog di cucina risalgono al 2007-2009 e ciò pone l’accento su come i primi influenzatori siano stati proprio gli amanti della cucina e del cibo. Tra i più seguiti di questa categoria abbiamo: Chiara Maci (Chiara in Pentola), Sonia Peronaci (fondatrice di GialloZafferano) e Enrica Panariello (Chiarapassion), che ogni giorno arricchiscono le loro pagine e i loro blog con ricette gustose e fotografie di piatti invitanti.

Anche i travel influencer guadagnano ogni giorno migliaia di followers, grazie a fotografie e video di paesaggi mozzafiato, squarci di città e hotel da sogno, spesso realizzati tramite action cam, droni e macchine fotografiche avanzatissime. Che invidia, eh? In Italia, il più amato è Nicolò Balini, aka Humansafari, che a 28 anni è uno dei principali punti di riferimento degli amanti dei viaggi.

Una posizione di prestigio hanno poi i fashion influencer, che postano contenuti riguardanti moda, capi d’abbigliamento, accessori, sfilate ed eventi di settore. Non si può non conoscere Chiara Ferragni: prima influencer italiana, si è successivamente affermata come la migliore nel mondo e oggi ha più di 17 milioni di followers.

Abbiamo poi i tech influencer, appassionati di tecnologia, che si occupano di recensire e comparare prodotti per aiutare i consumatori nelle loro scelte. Spesso sperimentano le nuove tecnologie e ricevono in anteprima prodotti di ultima generazione, postando sui loro canali video di unboxing. Chi non si è affidato almeno una volta ai consigli di Salvatore Aranzulla o ai video di Andrea Galeazzi dedicati al mondo degli smartphone?

Notiamo poi come ogni giorno nuove figure decidano di condividere in rete la propria passione per il make up o per il mondo beauty in generale: sono i beauty influencer, il cui obiettivo è insegnare a valorizzare il proprio aspetto esteriore. Cristina Fogazzi, conosciuta come Estetistacinica, si è fatta apprezzare grazie a una buona dose di umorismo, unito a professionalità e sincerità. Altro nome importante è Patrick Simondac, alias Patrickstarrr, noto per essere stato il “primo uomo del make-up”.

Infine, per gli amanti del workout ci sono i fitness influencer, che elargiscono consigli per quanto riguarda sport, esercizi e corretta alimentazione. Seguitissima è Kyla_Itsines, soprattutto grazie al suo programma di allenamento intensivo Bikini Body Guide (BBG), che comprende una serie di esercizi e un piano alimentare sano. 

In conclusione

Sempre più brand si rivolgono agli influencer, inviando loro prodotti, che essi, dietro lauto compenso e se in linea con il loro stile, pubblicizzeranno poi nei loro post. Si va dalle cose più piccole (profumi, make up, prodotti alimentari), fino a oggetti più costosi (macchine fotografiche, droni, smartphone). 

Il termine tecnico di questa attività è product placement che, dopo il mondo del cinema, è approdato nell’uso quotidiano al di fuori del grande schermo. Oggi, nei post e/o nei video necessita di essere specificato con alcuni termini che ne sintetizzano lo status di “paid advertising”: “Paid partnership with…”, “Sponsorizzato da…” o l’hashtag #ad seguito dal nome del brand sponsorizzato. 

Il loro è un lavoro e una posizione che si sono costruiti nel tempo con grande tenacia e passione. Oggi, scorrendo le loro pagine e leggendo i loro introiti, siamo tutti affascinati dalla loro vita e spesso dimentichiamo che dietro tutto ciò ci sono ore di lavoro, scelte, sacrifici. Fare l’influencer significa inoltre mantenere un certo status, l’approvazione e la stima di chi ci segue, senza però perdere credibilità e mantenendo saldi i propri principi e le proprie convinzioni. Quindi, è davvero così facile il lavoro dell’influencer?

 

Articolo scritto da Giulia Bozzetti

L’importanza di comunicare: Greta e #FridaysForFuture

Tutti siamo coscienti di quanto sia importante comunicare: in qualsiasi circostanza una giusta comunicazione sta alle base di un buon rapporto tra esseri umani. 
Ad oggi comunicare è parlare, scrivere, cantare, “dire”sia offline che , soprattutto, online.
Riguardo quest’ultima modalità, i Social Media rientrano nel modo più utilizzato ad oggi per comunicare online e restare aggiornati su ciò che accade intorno a noi.

Essi vengono usati con finalità più che disparate: fungono da lavoro per i nuovi influencer, da semplice messaggistica per le persone più comuni, o anche da propaganda politica.

.Quest’ultimo fine risulta una tecnica fortemente vincente e molto utilizzata: il presidente americano Donald Trump, ad esempio, ne fa un uso intenso e peculiare,  sviluppando una strategia digital first per comunicare e influenzare i suoi followers. Molti affermano anche che la sua vincente comunicazione tramite social gli abbia permesso di vincere le elezioni.

Chi è Greta Thunberg?

Oggi però, come ulteriore esempio di propaganda politica e di una vincente comunicazione vogliamo parlarvi di Greta Thunberg e della sua battaglia ambientale. 

Greta è un’adolescente svedese di 16 anni affetta dalla sindrome di Asperger, un disturbo dello sviluppo imparentato con l’autismo. Sin da bambina  è stata attratta da tematiche quali il riscaldamento climatico, l’inquinamento e quindi il futuro del paese in cui vive. Così, dal 20 agosto 2018 Greta ha deciso di saltare la scuola ogni venerdì per protestare di fronte al Riksdag, il parlamento svedese, con in mano il cartello “Skolstrejk för klimatet,” Sciopero scolastico per il clima.

A partire da quel giorno ha reso questa battaglia, fino ad allora personale e racchiusa nelle pareti della sua cameretta, un fenomeno mondiale che ad oggi riporta adesioni da tutte le parti del globo. Vi chiederete: com’è possibile che una ragazzina di 16 anni possa essere arrivata ad essere così rilevante a livello globale?

Eccovi la risposta: Greta è riuscita a far breccia nel cuore del giusto target utilizzando una modalità comunicativa corretta e vincente. Ciò ha permesso, soprattutto tramite Twitter, che tutto il mondo venisse a conoscenza della sua piccola battaglia, e che ognuno la sentisse propria.
Sin dal primo giorno nasce l’hashtag #FridaysForFuture, che rappresenta il giorno settimanale in cui è richiesta la partecipazione dei singoli in tutto il mondo per protestare contro il cambiamento climatico.

L’evoluzione del #FridaysForFuture

Greta pubblica giornalmente contenuti sui suoi profili Twitter e Instagram, ormai virali e gestiti da lei in prima persona. Ad oggi gli account presentano rispettivamente 555.000 e 1,4 milioni seguaci.

Da quello stesso giorno, vanno crescendo i sostenitori della vicenda che ogni venerdì, con Greta, scendono in piazza e manifestano tutti per la stessa causa. I numeri dei partecipanti alla protesta  del #FridaysForFuture sono disarmanti.

Allo sciopero globale del 15 marzo, proclamato da Greta,  hanno partecipato più di 1,6 milioni di persone distribuite in 131 Stati e in tutti e 5 i continenti.

Nella mappa sottostante trovate la reale diffusione mondiale della manifestazione del 15 marzo 2019, in cui sono segnate tutte le città che vi hanno partecipato:

Fonte: https://www.fridaysforfuture.org

Successivamente a quel giorno, i mass media si sono interessati maggiormente alla vicenda, assistendo alle dimensioni che essa sta assumendo. Parallelamente alla crescita della grandezza della protesta, anche la fama della piccola beniamina va aumentando: è stata nominata per il Nobel per la Pace. Inoltre Greta è già intervenuta due volte alla Cop24, la conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici, e, secondo il Time, è una dei 25 teenager più influenti al mondo.

L’evento si è ripetuto il 24 maggio ottenendo nuovamente grandissima adesione da tutte le parti del mondo e grande interesse da parte dei mass media.

Conclusioni

Dopo aver visto come un semplice video di 30 secondi di una ragazzina di 16 anni possa trasformarsi in una protesta mondiale, ci viene da pensare che questa generazione Z, nata involontariamente nel mondo digitale e quindi così radicata in esso, non sia senza speranza o senza valori come molti affermano.

Non è una generazione “asociale” perché eccessivamente attaccata ai Social Media: questa è la conferma di come la comunicazione e i Social non siano da prendere sotto gamba, di come un ideale combinato con una grande forza di volontà e un giusto modo di fare possa risultare vincente. 

I Social e la comunicazione sono il presente e saranno il futuro, quel futuro per cui Greta e i suoi seguaci lottano così tanto.  

 

Articolo scritto da Gabriella Lentini.

29 maggio 2019.

LA REGINA ELISABETTA: LA NUOVA “QUEEN” DI INSTAGRAM

Come riportato sul Corriere della Sera, la Famiglia Reale è alla ricerca di un social media manager. Questa figura si dovrà occupare dei contenuti da pubblicare sui social e sul sito per non far mai spegnere i riflettori puntati sulla Queen.

Anche noi di EDEMPG ci occupiamo di questo, infatti, rendiamo i social media e i siti dei nostri clienti performanti e adatti a ogni loro esigenza. 

Ora vi lasciamo all’articolo del Corriere della Sera, buona lettura. (clicca qui)

Articolo scritto da: Elisa Simonetti.

22 maggio 2019.

Il packaging biologico: cromie e scelte grafiche

IL PACKAGING BIOLOGICO

Gli italiani sono da sempre amanti del buon mangiare. Negli ultimi anni poi, vi è maggior riguardo rispetto alla provenienza dei cibi che consumiamo. Si prediligono, quindi, prodotti sani e naturali. Questo è il motivo per cui il biologico è divenuto un vero e proprio trend ed è in continua espansione!

Ma partiamo dalle basi…

Cos’è un prodotto biologico?

Quando nei supermercati leggiamo “biologico” sulle confezioni dei prodotti non dobbiamo pensare che si tratti di un’ulteriore trovata pubblicitaria, al pari del “da oggi con i pallini blu” (ricorderete che fu pubblicizzata questa novità in un detersivo, dove, però, i pallini blu non aggiungevano niente al prodotto). Biologico è, infatti, una certificazione legale. Solo i prodotti che hanno un numero pari o maggiore al 95% degli ingredienti di derivazione biologica possono ottenere l’etichetta del biologico (per saperne di più clicca qui). Biologico è quindi un titolo che costa fatica. Tuttavia, sono in costante crescita i marchi presenti nella grande distribuzione alimentare che decidono di realizzare una linea di prodotti biologici.

Il packaging

La differenza fra un prodotto biologico e un prodotto non biologico è quindi nella tipologia e nella provenienza (o coltivazione) degli ingredienti. Una differenza visivamente non percepibile. Ciò che ci permette di distinguerli è il packaging, ovvero la confezione. Per scegliere quale prodotto acquistare un cliente impiega in media due secondi, tempo in cui a decidere per noi sono le emozioni più che dettagliate riflessioni. Per questo motivo, l’obiettivo primario del packaging è quello di suscitare emozioni e sensazioni tramite elementi grafici e sfumature cromatiche. I prodotti biologici devono attirare l’attenzione del compratore trasmettendo un messaggio ben preciso, motivo per cui il packaging della linea biologica è molto simile di marchio in marchio. Si usano principalmente tre colori:

VERDE

Per il packaging della linea di marmellate biologiche di Menz&Gasser, disegnato dal nostro team, abbiamo scelto una sfumatura di verde tendente al pastello. Il verde trasmette una sensazione di quiete, freschezza e richiama la natura. È quindi adatto per esaltare la natura vegetale, salutare e genuina del prodotto. La sfumatura tendente al pastello serve a rinforzare nel consumatore la percezione di un prodotto che ha origini biologiche  (per vedere i nostri lavori clicca qui).

 

BEIGE/MARRONE 

Vallelata per la linea di prodotti biologici mantiene la grafica della classica confezione, un prato verde che evoca la natura genuina del prodotto, aggiungendo uno sfondo sulle tonalità del marrone pastello.  Anche Scotti per la versione biologica dei cracker opta per una confezione con sfumature di questo colore. Esso, infatti, richiama direttamente la terra. Restituisce quindi l’idea di un prodotto semplice e autentico. 

GIALLO 

Oltre ai grandi marchi che operano nel settore dell’alimentazione, anche le grandi catene di supermercati hanno realizzato linee biologiche a marchio proprio. Ne è un esempio Esselunga, che per la propria linea biologica ha pensato a un packaging dal colore prevalentemente giallo. Quest’ultimo ricorda la luce del sole alludendo, quindi, a una coltivazione e lavorazione del prodotto che segue rigidi criteri che rispettano la rotazione dei terreni e l’assenza di utilizzo anticrittogamici e concimi chimici. 

CASO D’ECCEZIONE

Barilla per la propria linea di pasta biologica non rinuncia all’iconico blu, che da anni la distingue negli scaffali dei supermercati. In questo caso si tratta però di una tonalità di blu più chiara tendente al pastello, che richiama la naturalezza del prodotto. Inoltre sulla confezione è rappresentata una spiga di grano, simbolo che evoca la lavorazione e la coltivazione biologica del prodotto.

 

Il packaging è dunque l’anima del prodotto, quello strumento che racconta una storia creando un legame profondo con il consumatore. Nel caso dei prodotti biologici si tratta di una storia di naturalezza, genuinità e salute. Dunque se vuoi creare il packaging perfetto per la tua linea di prodotti biologici non esitare a contattarci!

PRODUCT PLACEMENT: il marketing intelligente

Product placement

Come ci dice il GlossarioMarketing il product placement è: «una forma di comunicazione in cui i prodotti di marca vengono posizionati in modo apparentemente naturale in una struttura narrativa pre-esistente (film, programma televisivo, video musicale, spot pubblicitario relativo a un altro prodotto, ecc.) in cambio di un corrispettivo monetario (production fee)». In poche parole, si tratta della comparsa di prodotti (spesso molto noti) all’interno dei nostri programmi e film preferiti. Una strategia di marketing che può apparire banale ma che è in realtà estremamente efficace nel garantire visibilità al marchio.

Il product placement e i problemi con la legge

Sebbene oggi sia una delle strategie di marketing più utilizzate dai grandi marchi, il product placement (o pubblicità indiretta) non ha sempre avuto vita facile. Fino al 2004 la legge italiana vietava qualsiasi forma di pubblicità indiretta e occulta. D’altra parte, se si considera il background storico, tutto il ventesimo secolo e i primi anni del ventunesimo, sono stati caratterizzati da una paura patologica delle tecniche persuasive: in particolare media come la tv o il cinema erano considerati strumenti di manipolazione mentale. Con l’avvento dei media digitali si ha una svolta culturale. Oggi siamo infatti pervasi di inserzioni e messaggi pubblicitari e la maggior parte delle volte non ce ne rendiamo nemmeno conto. Grazie, quindi, ad una mentalità più aperta nel 2004 è stato approvato il decreto Urbani, che legalizza la pubblicità indiretta, pur sempre stabilendo rigide regole. Il prodotto inserito all’interno delle trasmissioni o dei film deve apparire chiaramente ed essere assolutamente riconoscibile. Inoltre, non deve interrompere la continuità della narrazione ma integrarsi ed essere coerente con essa.

Le modalità di product placement

Il product placement si presenta nei format televisivi e cinematografici principalmente secondo due modalità: screen placement, ovvero la rappresentazione visiva del prodotto e script placement, la citazione verbale del prodotto. Tuttavia, il product placement può avere diverse finalità. Vediamo alcuni esempi.

PRODUCT PLACEMENT: QUANDO È SEMPLICE PUBBLICITÀ

In questo caso vi sono spesso primi piani del prodotto, ma esso non ha una funzionalità essenziale nella struttura narrativa. Un esempio lo troviamo nell’iconico film “Mamma ho perso l’aereo”. Nella seguente scena vediamo il fratellino di Kevin (il protagonista) afferrare e bere un’enorme lattina di Pepsi. Marchio e confezione sono inconfondibili. Tuttavia, la bevanda non ha un’importanza a livello narrativo: se ci fosse stato qualsiasi altro marchio di bibite non avrebbe fatto alcuna differenza. L’intento principale è quello di stimolare lo spettatore ad avere sete e quindi consumare bevande. Il rischio è che il pubblico possa essere effettivamente indotto a bere, ma non la bibita sponsorizzata all’interno del film.

In questo caso l’inserimento del prodotto ha un fine puramente pubblicitario.

 

QUANDO IL MARCHIO INTERAGISCE CON LA STRUTTURA NARRATIVA

Nel caso seguente il marchio interagisce e crea un legame con i protagonisti del format cinematografico/televisivo. Diviene emblema di uno stile di vita, di determinati valori o ha finalità di contestualizzazione.

Per chiarire il concetto abbiamo preso come esempio una delle serie televisive più famose negli ultimi tempi: Stranger Things. In questa scena Undici, una ragazzina dalle straordinarie abilità, prova i suoi poteri schiacciando una lattina di Coca Cola con la sola forza del pensiero. In questo caso la scelta della bibita non è casuale. Infatti, Stranger Things è una serie ambientata negli anni 80 e la lattina che appare nella scena presenta l’iconica confezione di quegli anni.

Si tratta quindi di un prodotto usato con la finalità di contestualizzare il periodo in cui si svolge la vicenda.

Un secondo esempio lo ritroviamo nell’acclamata serie televisiva Sex and the City, divenuta anche saga cinematografica. Sia nei film che nella serie vi è un elemento costante, che non passa certamente inosservato: Starbucks. Le scene in cui possiamo osservare le protagoniste, in particolare Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker), trascorrere del tempo in una delle caffetterie o sorseggiare una tazza di caffè Starbucks sono innumerevoli. Le protagoniste di Sex and the City sono personaggi femminili forti, che gestiscono i loro affari e vestono alla moda, quindi la catena americana diviene indirettamente emblema di questa femminilità caratteristica del ventunesimo secolo. Nella seguente scena i registi hanno deciso di sacrificare la logica della ripresa per poter porre ulteriormente in evidenza il marchio Starbucks. Infatti nella prima ripresa il bicchiere è posizionato centralmente di fronte alla protagonista, mentre nella seconda appare sull’angolo del tavolo, esattamente nel punto in cui la cinepresa zuma per mostrarci le curiose scarpe del signore.

PRODUCT PLACEMENT INTEGRATO

Nel product placement integrato il prodotto o marchio è parte integrante della trama. Vi sono casi in cui il prodotto appare persino nel titolo del film, come ad esempio ne “Il diavolo veste Prada” o nel cult movie “Colazione da Tiffany”. Questa tipologia di product placement è possibile solo nei casi in cui vi siano grandi collaborazioni fra prodotto cinematografico e aziende.

Product Placement negli show televisivi

La pubblicità indiretta assume un importante ruolo anche all’interno degli show televisivi, in particolare in quelli di cucina. Mostrare chef stellati o abili cuochi utilizzare i prodotti che tutti i giorni compriamo e troviamo al supermercato aumenta notevolmente la reputazione del prodotto, il quale si accosta a concetti come l’alta cucina e “il fatto in casa”. Un esempio fra i tanti è indubbiamente quello di Bake Off Italia, un programma dove i concorrenti sono aspiranti pasticceri che si sfidano a suon di dolci. Durante lo show sono numerosissimi i prodotti che i concorrenti utilizzano e fra questi vi è l’inconfondibile farina Barilla.

Il product placement è dunque una tecnica di marketing estremamente efficace e persuasiva. Tuttavia, posizionare il proprio prodotto sui media televisivi e cinematografici non è così semplice, ma con EDEMPG tutto è possibile! La nostra agenzia si è già occupata in passato, e continua ad occuparsi, di servizi di product placement, dunque se siete interessati non vi rimane che contattarci.

 

Natale = Limited Edition

Natale

Freddo glaciale, città illuminate, bacche rosse e fili d’or. Il Natale è da sempre il momento più atteso dell’anno, non solo dai bambini, ma anche dalle aziende che per l’occasione si sfidano a colpi di limited edition e capsule collection. Vi avevamo già parlato della strategia dell’edizione limitata in occasione del novantesimo anniversario di Topolino. Oggi riprendiamo l’argomento per illustrarvi quali sono i vantaggi di questa preziosa carta vincente, soprattutto sotto il periodo natalizio.

Perché realizzare una limited edition natalizia

Negli ultimi anni la realizzazione di limited edition natalizie è divenuto un vero e proprio trend. Per tale motivo sono sempre di più le aziende che decidono di intraprendere questa strada. Infatti, se un’azienda decidesse di mantenere lo stesso prodotto uguale in tutto e per tutto, anche durante il periodo natalizio si troverebbe notevolmente in svantaggio rispetto a chi ha scelto di creare un nuovo aspetto per il proprio prodotto (o addirittura un nuovo prodotto ad hoc). Inoltre, realizzare una limited edition natalizia crea un legame emozionale con il nostro potenziale compratore. Arricchire gli scaffali dei supermercati di prodotti a tema natalizio permette al cliente di assaporare pienamente l’atmosfera del Natale. Il consumatore viene indotto all’acquisto al fine di portare un po’ di quest’atmosfera a casa con sé. Dunque, realizzare una “Christmas limited edition” può rivelarsi, in termini di vendita, una scelta molto astuta.

La forma del Natale

Uno dei modi per rendere natalizio il vostro prodotto è quello di cambiargli forma. Infatti, sono numerose le aziende che decidono di rinnovare la forma dei loro prodotti in occasione del Natale. Vediamo alcuni esempi.

Per la stagione natalizia Barilla trasforma gli amati Pan di Stelle in golosi balocchi. Infatti, il biscotto si trasforma dalla tradizionale forma rotonda in squisite stelle, campanelle e alberelli, tutti dotati di un apposito foro per poter appendere il biscotto all’albero.

Il cioccolato Lindt è uno dei regali più apprezzati durante il periodo natalizio. Motivo per cui l’azienda si è impegnata nel realizzare per l’occasione un prodotto che è divenuto una vera e propria icona del Natale: l’Orsetto Lindt.

Apposta per te

Alcune aziende in vista del Natale decidono di realizzare un prodotto completamente nuovo, che abbia una stretta connessione con la festa. E’ il caso di FORST, che ogni anno presenta la sua birra di Natale. Si tratta di una birra esclusiva, che ad ogni edizione raffigura le tradizioni legate alle festività. Quest’anno è la volta del giorno di San Nicolò, un festa celebrata nelle zone di lingua tedesca il 5 dicembre. Oltre ad un design innovativo e natalizio, la birra presenta anche un sapore diverso dalle classiche birre, pensato dall’azienda appositamente per accompagnare i pasti delle feste. (Se volete saperne di più cliccate qui)

Il Natale in una scatola

Un’altra strategia per creare versioni natalizie del proprio prodotto è quella di realizzare un packaging tematico. Ad esempio seguono questa tendenza marchi come Ferrero e Keglevich.

Ferrero in occasione del Natale cambia veste al suo prodotto di punta: la Nutella. Quest’anno l’iconico vasetto presenta tre versioni diverse, una per ogni formato. Il vasetto da 200g presenta decorazioni natalizie disegnate con stile minimalista. Il vaso da 800g rappresenta i simpatici personaggi del Natale. Il vaso da 950g presenta un omaggio, ovvero degli stampini per biscotti, che come ci dice il sito sono ideali “per dare un tocco speciale alle vostre ricette”.

Keglevich cambia look alla linea Dry della celebre vodka. La bottiglia, solitamente in vetro trasparente si colora ora di bianco, blu e di cristalli di ghiaccio. L’eleganza della bottiglia trasforma la vodka nell’ideale cocktail da portare in tavola durante i festeggiamenti con amici e famiglia.

Il Natale è ormai alle porte. Se anche tu vuoi “vestire per le feste” il tuo prodotto non ti resta che contattarci!

 

Happy Birthday Mickey Mouse!

Happy Birthday Mickey Mouse

Numerosissimi sono i brand che adottano come strategia di marketing la limited edition, ovvero la creazione di una versione alternativa, nuova e, soprattutto, limitata del prodotto solitamente venduto. L’efficacia di questa strategia è determinata dall’aura di esclusività che si crea attorno al prodotto, che lo spoglia dalla sua semplicità e lo trasforma in oggetto da collezione. E quale occasione migliore per creare limited edition se non il compleanno del topo più famoso del mondo?? Proprio così, parliamo del nostro Mickey Mouse, per noi italiani noto come Topolino, che celebra ben 90 anni! 

Un’icona senza tempo 

La simpatia di Mickey Mouse entra nelle nostre vite il 18 novembre 1928, quando per la prima volta lo vediamo sul grande schermo con Steambot Willie mentre allegro fischietta manovrando il timone di una barca. Quello che all’epoca non potevamo sapere è l’importanza che questo adorabile musetto avrebbe assunto negli anni. Divenuto il personaggio principale dell’universo Disney e l’unico protagonista di un cartone animato ad apparire nella Walk of Fame di Hollywood, Mickey Mouse si afferma come un’autentica icona pop senza tempo. Parte così la febbre dei festeggiamenti, che vede coinvolti innumerevoli brand che partecipano con divertenti capsule collection (edizioni limitate).

I 90 anni di Mickey Mouse nel mondo della moda

Nel mondo del fashion i festeggiamenti si aprono con t-shirt, felpe e accessori che rendono omaggio all’iconico personaggio Disney. Si parte dalle catene di abbigliamento come Berhska, Pull&Bear, Intimissimi ecc. che hanno una certa famigliarità con la strategia della limited edition. Si passa poi all’attesa collaborazione Moschino&HM, con coloratissime felpe che propongono una versione streetstyle di Topolino. Per poi passare a case di moda più prestigiose come Lacoste e Clarks. Quest’ultima ha realizzato un’esclusiva versione dei classici polacchini sui quali vi è rappresentato il Mickey Mouse di Steambot Willie. (Per vedere le altre fashion limited edition clicca qui)


Non solo moda… 

Il tema Topolino non trova riscontro solo nell’ambito del fashion. Sia Swarovski che Pandora omaggiano il personaggio Disney con originali linee di gioielli, mentre Thun realizza una serie di statuette ispirate al nostro Mickey Mouse mantenendo lo stile vintage dell’azienda. I festeggiamenti continuano anche nel mondo dell’elettronica grazie a Smeg e Apple. Smeg ha realizzato un’esclusiva versione dell’iconico frigorifero FAB (solo 90 esemplari) sul quale appare Topolino che tenta scherzosamente di raggiungere la maniglia. Mentre Apple celebra il personaggio dedicandogli un’edizione speciale delle cuffie Beats by Dr. Dre, sulle quali è rappresentato in versione vintage.

“Buon compleanno Topolino!”: i 90 anni di Topolino nella GDO

Alla festa si unisce anche l’ambito della GDO. Ad esempio, l’azienda italiana di supermercati Il Gigante ha organizzato in occasione del compleanno di Mickey Mouse una raccolta punti che premia il cliente con i peluche dei personaggi principali del mondo Disney e un sorprendente concorso a premi, del quale abbiamo personalmente gestito l’accesso online (potete scoprire di più qui).

 

Prima di lasciarci Walt Disney disse: «Spero non ci si dimentichi mai di una cosa: tutto è cominciato con un topo». In questo novembre 2018, in cui Topolino festeggia il suo novantesimo anniversario, possiamo indubbiamente dire che il mondo non si è scordato di lui. Anzi, è divenuta una delle icone pop per eccellenza, intramontabile e sempre amata da tutti.

Google AdWords: la pubblicità online

Al giorno d’oggi l’obiettivo di ogni azienda è quello di emergere nel mondo della rete potendo così raggiungere un vasto pubblico di potenziali clienti. Al fine di aumentare la propria visibilità online vi sono diverse strategie, una fra le più importanti è indubbiamente la pubblicità tramite Google AdWords. Ma cos’è Google AdWords e come funziona? Scopriamolo insieme!

Cos’è Google AdWords

Google Adwords è un programma di advertising online appartenente a Google. Uno strumento che ci permette di creare campagne pubblicitarie che possono apparire su siti internet tramite annunci testuali e banner o nella pagina dei risultati Google. La genialità di Google AdWords risiede nella possibilità di indirizzare la propria campagna pubblicitaria verso un target di clienti molto preciso (indicandone alcune caratteristiche, come ad esempio: il genere, la provenienza, l’età ecc.) e di decidere su che tipo di siti Internet debbano comparire i nostri annunci (ad esempio siti che parlano di viaggi). 

Rete di ricerca e rete display 

Abbiamo visto che i nostri annunci appaiono in Internet principalmente secondo due modalità, andiamo ad analizzarle: 

La rete display è costituita da annunci che appaiono su siti Web. Perlopiù si tratta di inserzioni pubblicitarie che sfruttano spazi messi a disposizione dai publisher, ovvero tutti coloro che hanno un software che offre contenuti sul web (come ad esempio YouTube). Un particolare modo di sfruttare la rete display è il remarketing. Si tratta di una forma di pubblicità che propone annunci agli utenti sulla base delle loro precedenti ricerche su internet. Questa pratica è indicata soprattutto per gli e-commerce, che sottoponendo continuamente l’utente alla visione dell’articolo precedentemente visualizzato, lo invogliano all’acquisto. 

La rete di ricerca ci permette di visualizzare i nostri annunci nella pagina dei risultati di Google: la SERP (Search Engine Results Page). Gli annunci sono distinti dai risultati organici (ne abbiamo parlato qui) tramite una label: “Ann.” e compaiono sempre fra i primi tre risultati della pagina. 

Come funziona Google AdWords: la logica delle keywords

Le keywords (parole chiave) sono parole o frasi, scelte da noi, correlate con il prodotto o servizio che vogliamo pubblicizzare. Si tratta di un codice che ci collega direttamente con il potenziale cliente. Vediamo un esempio:

Siamo i proprietari di un hotel a Londra e vogliamo pubblicizzare un’offerta last minute. Scegliamo allora di collegare il nostro annuncio alle parole chiave Hotel Londra. Quando un utente ricerca su Google le parole Hotel Londra, o parole simili, il nostro annuncio potrebbe comparire accanto agli altri risultati. Ogni parola chiave ha un costo, che dipende da quanti inserzionisti legano quella parola ad annunci e quanto sono disposti ad investire su di essa. A stabilire quali annunci verranno effettivamente visualizzati su Google è un meccanismo automatico di asta. Vincerà l’asta chi sarà disposto ad investire di più per la parola chiave ma soprattutto chi vanterà la massima coerenza fra parola chiave scelta e prodotto/servizio a cui viene correlata. 

Quanto costa un annuncio su Google AdWords: il PPC

Completata la nostra campagna pubblicitaria è tempo di stabilire il prezzo che siamo disposti a pagare a Google per il nostro annuncio. Il costo dell’inserzione pubblicitaria è determinato da un meccanismo denominato PPC (Pay per Click).

Si stabilisce un importo massimo per clic che viene scalato ogni volta che un utente clicca sul nostro annuncio da un budget giornaliero fino ad esaurimento budget. Perciò è importante massimizzare il rapporto spesa/click, soprattutto quando si tratta di annunci correlati a keywords molto ricercate. 

Nonostante l’apparente semplicità e gli innumerevoli tutorial reperibili in Internet (compresa la guida di Google) , Google AdWords è un mondo molto complesso. Per questo motivo, se non avete dimestichezza con il Web, l’aiuto di un professionista è la giusta strada da intraprendere: vi farà evitare costosi tentativi e garantirà il successo della vostra campagna pubblicitaria.

Nametag e Shopping: nuovi aggiornamenti Instagram

Nuovi orizzonti per Instagram

Instagram attira l’attenzione di un numero sempre crescente di utenti. Basti pensare che il numero di iscritti è passato in pochissimo tempo da 600 a 800 milioni. Instagram è un social in continua evoluzione… vi ricordate il nuovo algoritmo di cui vi avevamo parlato in precedenza? E’ giunto il momento di aggiornarsi!

Sempre più aziende puntano la loro attenzione su questo social che, grazie all’inserimento delle due nuove opzioni Instagram Shopping e Instagram Nametag, riescono ad avere maggiore visibilità. Come? Vediamolo insieme.

E’ possibile fare acquisti con Instagram?

Secondo la ricerca “Fashion Path to Purchase” condotta da Facebook, piattaforma proprietaria di Instagram, il 39% delle persone negli ultimi tre mesi ha acquistato tramite smartphone o tablet. Instagram sembra quindi essersi lanciata in una nuova sfida, dando la possibilità a numerose aziende di inserire (nei post e nelle Instagram stories) i tag che rimandano direttamente al proprio sito e-commerce. Circa l’80% di utenti di Instagram segue almeno un’azienda e oltre 200 milioni di persone visitano almeno un profilo business ogni giorno. Questo spiega la crescita di interesse commerciale da parte delle aziende nei confronti di Instagram, un social dalle grandi potenzialità.

Shopping: come attivarlo sul proprio profilo

Basterà seguire pochi passaggi e potrete attivare anche sul vostro profilo la funzione Shopping. Prima di iniziare,  è necessario avere un Business Account: il vostro profilo deve essere approvato da Instagram per avere la funzione Shopping tra le Impostazioni di business Manager. Una volta approvato, nelle foto selezionate potrete inserire i tag sui prodotti, in modo da metterne in  evidenza le caratteristiche (nome del prodotto, prezzo ecc.). E’ possibile inserire il tag anche nelle Instagram stories, aggiungendo l’adesivo sulla foto o sul video che volete caricare. Una importante novità è che, da questo mese, trovare la pagina Instagram dell’azienda che produce i nostri prodotti preferiti sarà ancora più semplice grazie al nametag!

Cos’è il nametag?

Potremmo definire il nametag come il nostro biglietto da visita digitale. Instagram, infatti, da oggi permette di creare un’immagine “speciale”: istantaneo come un QR code, il nametag è il modo più semplice per condividere il nostro nickname. Infatti, una volta creato, basterà che un altro utente lo scansioni con la fotocamera delle Instagram stories per ricollegarsi direttamente al nostro profilo Instagram. Inoltre, l’editor nametag ci permette di personalizzarlo a nostro piacimento: una simpatica e geniale idea che ci permette di promuovere visivamente il nostro profilo. Il nametag ha un altro vantaggio: può essere condiviso anche tramite messaggi di testo o su altre piattaforme (come Facebook e WhatsApp), grazie alla freccia in alto a destra. Si tratta di un modo semplice ed efficace per essere sempre in contatto con la propria community.

Opportunità di crescita

Sicuramente l’associazione di Instagram Shopping e Instagram Nametag, oltre ai numerosi e continui aggiornamenti di questo social, rappresenta un vantaggio per le aziende. A una maggiore visibilità sulle piattaforme social, infatti, corrisponde una migliore promozione della propria azienda e numerose possibilità di crescita commerciale. Probabilmente le novità legate ad Instagram non finiranno qui e non ci resta che attendere per scoprire i prossimi aggiornamenti e sfruttarli a nostro favore. Nell’attesa, concludiamo momentaneamente il discorso dicendo che si spiega meglio perché da qualche anno a questa parte si parli sempre più di… INSTAGRAM MARKETING!

 

 

 

 

Analisi SEO: l’importanza del posizionamento sul web

Analisi SEO Search Engine Optimization

Cos’è la SEO

Prima o poi chiunque si occupi della produzione e pubblicazione di contenuti web sentirà parlare di analisi SEO. Se non ti è ancora capitato,  questo articolo è l’occasione per non farti trovare del tutto impreparato quando succederà. Se, invece, l’analisi SEO ti ha già messo in crisi almeno una volta, hai davanti a te la possibilità di comprenderne, finalmente, le caratteristiche principali. (In ogni caso, se voleste approfondire l’argomento, vi consigliamo la lettura di questo piccolo manuale L’arte della SEO)

SEO è l’acronimo di Search Engine Optimization che possiamo tradurre in italiano con “Ottimizzazione per i motori di ricerca”. Ma ottimizzazione di cosa? E Compiuta da chi? Andiamo con ordine. 

A cosa serve la SEO? Un esempio pratico

Immaginiamoci di essere la famiglia Apetti, produttori di miele biologico Toscano della splendida provincia di Siena. Decidiamo di aprire il nostro sito Internet per farci conoscere, raccontare la semplicità dei nostri prodotti e i punti vendita in cui si possono acquistare. Ipotizziamo di essere riusciti a dar vita ad uno splendido sito internet corredato di foto, video e articoli. 

Ora immaginiamo di essere un utente qualsiasi della città di Parma che dal divano di casa propria si chiede dove potrebbe trovare una produzione di miele biologico italiano. Apriamo Google e cerchiamo “miele biologico italiano”. Scacco Matto, il sito della famiglia Apetti dovrebbe essere lì ad aspettarci tra i primi risultati proposti da Google. E invece no, o almeno non è detto. Dipende se la famiglia Apetti abbia fatto o meno i conti con l’analisi SEO.

Ecco allora che iniziamo a comprendere cos’è la SEO. La SEO è una disciplina fatta di criteri secondo i quali Google decide come e con quale gerarchia indicizzare i contenuti. Sono molti i fattori che portano i motori di ricerca a decidere in che posizione far apparire una pagina web. Dalla frequenza di aggiornamenti, alla lunghezza dei contenuti, dalla quantità di link interni ed esterni alla qualità dei feedback ricevuti.

Ma perché è così importante la posizione in cui i nostri contenuti si collocano nell’indicizzazione Google?

SEO: qualità ma soprattutto accessibilità

È stato studiato che in media un utente prende in considerazione solo la prima pagina dei risultati proposti dal motore di ricerca. All’interno di questa prima pagina, la probabilità che l’utente scelga di aprire un determinato contenuto va scemando scendendo di posizione in posizione. Questo accade per diverse ragioni. Sia perché siamo abituati a ricerche veloci e a valutare con un unico sguardo i contenuti proposti, sia perché (inconsapevolmente) ci affidiamo al nostro motore di ricerca. Google infatti è un brand credibile e, se inserisce nelle prime posizioni determinati risultati, li riteniamo inconsciamente migliori di quelli successivi (anche se non sempre è così). Ecco perché esiste una branca del digital marketing incentrato sull’analisi SEO. Avere il proprio sito in cima alla SERP significa raggiungere un pubblico decisamente più ampio e godere di maggiore credibilità.

Chi conosce un po’ Google, però, sa che nel momento in cui facciamo una ricerca, il motore ci offre due tipi di risultati, quelli organici e quelli a pagamento. I primi sono i risultati a cui ci siamo riferiti fino ad ora, quelli che per essere tra i primi posti devono rispondere ai specifici criteri SEO. I secondi, invece, sono quei risultati che Google indicizza, generalmente, nei primi due posti della SERP poiché quei brand hanno pagato per “avere la precedenza”. Si tratta di quei risultati che Google etichetta come “annunci” e che sono quindi paragonabili ad una campagna pubblicitaria.

Quando parliamo di ottimizzazione SEO quindi, ci riferiamo alla categoria dei risultati organici, l’unico vero terreno di scontro democratico. La bellezza del web è che chiunque può far sentire la propria voce seppur con tutte le difficoltà di emergere dal coro. L’ottimizzazione SEO serve proprio a questo, a produrre contenuti in linea con gli standard qualitativi di Google, in modo che la tua voce non rimanga inascoltata e riesca, addirittura, a prevalere sulle altre. 

Analisi SEO: costanza e monitoraggio

La SEO, però, non è fatta solo di criteri su come produrre un contenuto che piaccia a Google ma anche di un’analisi approfondita dei competitor. Capire come mai altre pagine vengono visualizzate prima della nostra, quali keyword utilizzano per essere indicizzate, che tipo di contenuti producono, sono tutti fattori che possono aiutarci a capire con quali criteri agire. Non si tratta di “copiare” ma, al contrario, di riuscire a ritagliarsi uno spazio non ancora utilizzato dai competitor. Sfruttando l’analisi delle loro strategie possiamo svilupparne una tutta nostra che si basi su un terreno inesplorato. L’analisi SEO dei competitor serve a capire cos’hanno gli altri e cosa possiamo creare per distinguerci da loro.

Tuttavia, per concludere, è doveroso porre l’accento sul fattore COSTANZA. La SEO non è un’ottimizzazione che si fa oggi e dura per sempre. Il lavoro del responsabile SEO è un lavoro continuo. I miglioramenti che si fanno oggi servono per essere migliori domani, e quelli che si faranno domani per essere migliori dopo domani. Uno dei criteri di valutazione che Google applica per giudicare un sito internet è la frequenza di aggiornamento. Insomma, non è sufficiente aver fatto un’ottimizzazione SEO dei contenuti oggi se domani non si sarà costanti nel monitorare e aggiornare il posizionamento.

Noi di EDEMPG ci occupiamo da tempo di analisi SEO, date un’occhiata alla nostra sezione dedicata !

Algoritmo Instagram 2018

Algoritmo_instagram_2018

Siamo alle solite, appena prendiamo un po’ di dimestichezza con strategie social e modalità di pubblicazione, le regole cambiano. Ma in fin dei conti questa è la natura del web: tutto in continuo mutamento. E così, dopo aver parlato di Facebook messenger marketing oggi ci dedichiamo al nuovo algoritmo Instagram 2018. Avete presente quella bella lista di hashtag che fino a ieri con un copia e incolla inserivamo nelle nostre didascalie? Preistoria. E che dire dell’abitudine a pubblicare contenuti un giorno sì e cinque no? Veleno per la nostra corsa alla popolarità. Insomma, con il nuovo algoritmo Instagram 2018 stanno, di nuovo, cambiando le regole. Vediamo, insieme, le principali novità in quanto a social engagement e, è proprio il caso di dirlo, video engagement.

  • Il fattore più importante è la qualità dei contenuti.

Come sostiene Ninja Marketing, “content is king“. L’obiettivo per aumentare follower e visibilità è far finire i nostri post nella sezione “esplora” di Instagram. In questo modo i contenuti non saranno visibili solo ai nostri follower ma ad un pubblico decisamente più ampio che avrà modo, se incuriosito, di conoscerci e seguirci. Per riuscirci, la cosa indispensabile è produrre contenuti di qualità, che comunichino qualcosa di nuovo, personale e in una veste accattivante.

  • Utilizzo degli #hashtag consapevole.

Le parole d’ordine, in questo caso, sono qualità e inerenza. Il consiglio, alla luce del nuovo algoritmo Instagram, è di utilizzare circa dieci hashtag (e mai andare oltre i trenta, pena: shadowban, che approfondiremo successivamente). Inserire troppi hashtag ci farebbe apparire agli occhi del sistema come “spammer” e questo diminuirebbe drasticamente la nostra visibilità. È consigliabile utilizzare hashtag specifici e collegati tra loro (ad esempio #italianfood #italianpasta #spaghetti) poiché quelli virali sono estremamente gettonati e concedono una visibilità molto breve. Un’altra novità in quest’ambito è la possibilità di seguire, oltre che i profili account, anche gli hashtag stessi e di inserirli direttamente nella bio. Questo comporta una possibilità di indicizzazione simile alla SEO, che risponde, più o meno, ai suoi stessi criteri.

  • Like, è tutta questione di cuoricini.

Mai come ora sono importanti la quantità e la qualità dei like che si ricevono ai post. Con questo nuovo algoritmo Instagram, se il nostro contenuto riceve un buon numero di like entro la prima mezz’ora dalla pubblicazione, infatti, il sistema etichetta quel contenuto come “interessante” e di conseguenza lo propone ad un pubblico sempre più ampio. È importante, però, che questi like siano reali e di buona qualità. Un like di alta qualità è un like attribuito da un utente vero e con un buon seguito. Infatti, se un account con queste caratteristiche reputa il nostro contenuto talmente interessante da mettere like, instagram capisce che si tratta di un post meritevole e deciderà di incrementarne la visibilità. Solo così aumentano le possibilità di finire nella categoria “esplora” e con loro la probabilità di raggiungere un pubblico sempre più ampio.

  • Video, foto multiple o foto singole?

Stando a quanto dicono molti, sembra che il nuovo algoritmo preferisca i contenuti video a quelli fatti di foto. Se, infatti, andiamo ad esaminare la sezione “esplora”, ci accorgeremo che il numero di video tra i contenuti visualizzati è in aumento. Per quanto riguarda i post fatti di foto, invece, l’algoritmo preferisce quelli in cui le immagini sono più di una. Un vero e proprio cambio di rotta rispetto alla cara vecchia foto singola a cui Instagram ci aveva abituati.

  • I contenuti nella home, un ritorno al passato.

La scelta di dare priorità nella home ai contenuti che hanno riscosso un alto numero di interazioni, a discapito della visualizzazione in ordine cronologico, è stata molto chiacchierata. Tanti si sono lamentati del fatto che spesso vedevano nella home sempre gli stessi post, pubblicati dagli stessi profili, perdendo di vista i contenuti di altri utenti (come gli amici) che reputavano interessanti. In questo caso Instagram ha deciso di fare un passo indietro e ridare spazio alla visualizzazione cronologica dei post. Si vocifera, infatti, che verrà creata un’altra sezione “nuovi post” in cui questi saranno disposti in ordine di pubblicazione.

  • Costanza nella pubblicazione e velocità di risposta, il tempo è tiranno.

Questi due fattori sono di vitale importanza per essere percepiti dal sistema come account attivi e di qualità. In primis è importante pubblicare almeno un post al giorno (curato, interessante e in linea con la logica stilistica dell’intera galleria). In più, un altro fattore che ha acquisito importanza nel nuovo algoritmo Instagram 2018, è la velocità di risposta a commenti e messaggi. Ignorare un direct significa essere utenti poco attivi; l’ideale è rispondere sempre, a tutti e nell’arco di mezz’ora.
Per quanto riguarda i post, una novità interessante è quella della didascalia e del suo contenuto. Stando alle novità trapelate, sembra sia sconsigliabile modificarla nella prima mezz’ora dalla pubblicazione. Il rischio, infatti, è che il sistema ci percepisca come utenti poco attendibili e penalizzi i nostri post.

  • Storytelling, Instagram stories e stories in evidenza.

Proprio perché al centro del nuovo algoritmo c’è la qualità dei contenuti, mai come ora è importante evitare post banali. Perciò sì allo storytelling che racconti, affascini, e renda il post interessante. Sì alle stories che avvicinano la nostra quotidianità a quella dei nostri followers. E, infine, sì alle stories in evidenza che incuriosiscono sempre di più soprattutto alla prima visita del profilo. Questo tipo di contenuti, infatti, sono come un filo conduttore che aiuta il visitatore a farsi un’idea su chi siamo e cosa facciamo quotidianamente.
Teniamo sempre a mente, poi, che l’obiettivo dei nostri post è quello di creare engagement. Sproniamo i nostri followers ad entrare in contatto con noi attraverso sondaggi, contest, domande e live.

  • Lo Shadowban, la black list di Instagram.

Con la parola “shadowban” si indica uno status di “penalizzazione” a cui Instagram sottopone il nostro account nel caso in cui sospetti che siamo degli spammer. Essere in shadowban significa che Instagram ci sta penalizzando il profilo, rendendo i nostri post “invisibili” agli utenti che non ci seguono. Non si tratta quindi di una penalizzazione dell’account in generale, ma di una riduzione della visibilità dei nostri post per un periodo di tempo variabile e limitato.
Consigli per non cadere in Shadowban:
– evitare l’utilizzo di hashtag bannati poiché comprometterebbero la nostra visibilità.
– non utilizzare hashtag identici per tutti i post della nostra galleria.
–  evitare le pratiche che possano violare i Termini di Utilizzo.
– mai più di 30 hashtag su un singolo post.
– evitare di pubblicare contenuti a rischio che potrebbero comportare una segnalazione.

Sopravvivere nella giungla di Instagram non è semplice, è una sfida!
Restare al passo con le tendenze è un buon inizio ma saperle cavalcare è il segreto per vincere.